Libro del Prof. Angelo Bertolo

Riassunto del saggio Fertilità e Progresso.

Nei 5000 anni di storia che noi conosciamo, ai giorni nostri, durante la preistoria a datare da quando i primissimi uomini hanno incominciato a vivere e a diffondersi sulla terra, rileviamo un dato interessante e forse contro corrente: contro la mentalità corrente in gran parte del mondo, contro la mentalità delle università americane e dei mass media americani, contro la mentalità che è più una moda e una ideologia che una osservazione razionale. Durante tutta la storia degli uomini, dunque, ci sono stati dei periodi in cui la fertilità era alta, il tasso di natalità era alto; e ci sono stati altri periodi in cui il tasso di natalità era basso – per cause naturali.

All’aumento della popolazione in generale, da distinguere alquanto dal tasso di fertilità, o anche dalla sua diminuzione, possono aver contribuito dei fattori esterni come una migliore agricoltura e una migliore medicina. Medicina sia intesa come aiuto alla crescita della popolazione, come aiuto alla vita, ma anche come contro la vita – oggi, nei programmi di pianificazione famigliare. Ebbene, pur importanti, questi fatti di una migliore agricoltura o di una migliore medicina sono pur sempre dei fattori quasi secondari, dei fenomeni indotti. Il fattore della fertilità è legato allo slancio vitale, alla forza vitale che caratterizza le popolazioni in via di sviluppo, alle civiltà che evolvono e crescono a preminenza nel mondo, nell’ambiente circostante. O al vigore nell’età giovanile di una singola persona.

In tutta la storia degli uomini, di tutte le epoche, ho notato che nella fase iniziale di alta fertilità l’umanità progredisce. Nella fase finale di fertilità più bassa, l’umanità regredisce, si prepara ad una morte naturale che può essere più o meno lenta. In poche parole: un alto tasso di natalità è indice di progresso. Un tasso di natalità basso è indice di regresso, di non progresso, preannuncia la morte fisica di quella civiltà e la scomparsa dalla faccia della terra. Intendo il termine progresso in un senso più ampio, che non può essere riferito ad una persona sola, o ad una sola famiglia. Si intende ad un gruppo sociale abbastanza ampio, che va al di là anche di un singolo stato politico, di una singola regione. Si intende certamente progresso in senso tecnologico scientifico ed economico, ma si intende anche come progresso di quella civiltà, di quegli uomini, come conquista del territorio, come prevalenza su altri uomini, come affermazione imperialistica o liberazione da una sudditanza imposta da altri. Si intende l’affermazione di una società abbastanza allargata di uomini che noi possiamo considerare una civiltà. All’interno di una civiltà, intendiamo anche l’emergere e l’affermarsi di una classe sociale. Alto tasso di natalità significa progresso per quella società, per quel tipo di società, per quella casta o classe sociale.

Nella storia degli uomini abbiamo avuto dei momenti in cui la popolazione è diminuita a causa di gravi calamità naturali, o a causa di gravi calamità causate dall’uomo, come le guerre e le distruzioni. Nel 14° secolo abbiamo avuto la grande pestilenza descritta dal Boccaccio. La popolazione dell’Europa diminuisce di un terzo oppure forse di una metà. In Italia la Maremma toscana con le sue paludi perde circa l’80% della popolazione, mentre Venezia ne perde un terzo o anche di meno. Pur situata in un luogo malsano, la laguna, Venezia aveva senso civico: i canali venivano puliti e drenati, e la popolazione non mancava di generi alimentari, di frumento che veniva importato dalla Puglia e dalla Sicilia. Il 14° secolo dunque, pur con questa pestilenza gravissima e con una diminuzione della popolazione, è un secolo di grande progresso per l’Italia. E’ il secolo dell’Umanesimo. E’ il secolo della espansione commerciale delle città italiane. E’ un secolo di progresso. Ed è un secolo caratterizzato da una forte natalità. Commentiamo: Se la peste avesse ucciso tutti gli abitanti della penisola, non potremmo parlare di progresso perché la morte impedisce la vita. Progresso di chi? Noi intendiamo progresso della gente, della popolazione, non dei fiumi e dei monti della regione italiana. La metà della popolazione che era rimasta in vita ha potuto continuare a vivere e a progredire, a progredire verso la civiltà del Rinascimento. Circa cento o centocinquanta anni prima nell’estremo Oriente, nelle giungle della Cambogia, la città di Angkor aveva una popolazione di almeno un milione di abitanti, mentre negli stessi anni Parigi in Europa ne aveva 30.000. La popolazione di questa città, di Angkor, scompare quasi all’improvviso, forse a causa di una pestilenza, e noi oggi possiamo ammirare i ruderi dei templi e delle costruzioni. La morte di tutta la popolazione impedisce la vita; impedisce il progresso. Dopo l’anno mille, si parla di ripresa della civiltà in Italia, dopo le distruzioni causate dalle invasioni barbariche, dopo il calo demografico che tutti riconoscono dal tempo dell’Impero Romano. Villani, un contemporaneo di Dante, ci informa che la sua città, Firenze, in 90 anni cresce da novemila a centomila abitanti. Tutte le città dell’Italia centrale e della pianura padana dimostrano una crescita vigorosa. Venezia cresce. Milano cresce. Oltre che dall’espansione fisica delle città, dei suoi palazzi, lo deduciamo dalle Rationes Decimarum, i registri delle decime del tempo, e dalle cronache di Bonvesin de la Riva, i Magnalibus urbis Mediolani. La rinascita dopo il mille e il progresso delle città italiane è strettamente legato alla crescita demografica. Al tempo del suo massimo splendore nel terzo quarto secolo D. C., la città di Aquileia contava più di 100.000 abitanti, forse 200.000, e tutta la zona compresa dall’attuale Friuli poteva avere una popolazione un po’ inferiore a quella attuale, forse metà di quella attuale. Dopo l’anno mille la zona era quasi disabitata, con qualche migliaio di presenze soltanto, a causa delle distruzioni degli Ungari nel decimo secolo. Non c’è ripresa in questa regione dopo il mille, non c’è vita, appunto perché non c’è popolazione. Quando i Longobardi arrivano in Friuli nell’anno 558, essi sono un popolo organizzato di circa 250.000 abitanti. Fra le altre cose, Paolo Diacono ci fa notare che le donne longobarde si dimostravano fiere di fronte alle donne romane perché esse erano più prolifiche. E sono i Longobardi che si sono imposti su tutta l’Italia. Per contro, nel terzo e nel secondo secolo A C, quando Roma era in una fase di espansione, di progresso inteso in questo senso più ampio, erano le matrone romane che si dimostravano fiere di fronte alle donne etrusche e greche perché esse avevano più figli e perché il loro senso morale era più alto.

Nessun economista serio oggi dirà che la crescita della popolazione di per sé impedisce la crescita dell’economia (Julian Simon e Bibek Debroy). La popolazione muore di fame a causa di disgrazie naturali, oppure a causa della malizia dell’uomo, non a causa dell’aumento della popolazione di per sè. Capita quando arriva la siccità, oppure quando il padre di famiglia viene colpito da un infarto mentre la famiglia avrebbe bisogno di lui. Oppure capita a causa della cattiveria degli uomini: dei nemici che vengono espressamente a farti del male, o quando i tuoi stessi governanti sono ladri e corrotti. In Africa, in Asia, in Europa, oggi, sempre.

Chiedi a qualsiasi economista che cosa è che determina la crescita del prodotto interno lordo di un paese, e la risposta sarà: la terra, la manodopera, il capitale, e lo spirito imprenditoriale. Se la manodopera, la forza lavoro, è una voce in entrata e il suo prodotto marginale non è zero, allora la forza lavoro non è una cosa negativa. Allora qual è il problema della popolazione numerosa? Poi, lo spirito imprenditoriale non funziona senza manodopera e non funziona senza i miglioramenti tecnologici. Thomas Malthus basava le sue teorie su due premesse:

1) La terra è limitata e tutte le risorse sono esauribili. Malthus non prende in considerazione il fatto che ci possono essere nuove risorse, nuove scoperte di risorse naturali, e non tiene conto dell’ingegno dell’uomo, della sua inventiva, del suo genio.

2) Gran parte della popolazione è inutile in quanto non produce niente, anzi consuma beni prodotti da altri. Se quindi si potesse eliminare parte della popolazione, il resto della popolazione avrebbe più risorse a sua disposizione.

Questo potrebbe apparire vero oggi per le popolazioni in via di sviluppo in quanto non riescono a fornire istruzione adeguata e servizi sanitari. A ben vedere, il problema è di governance, di pianificazione economica, non di aumento della popolazione di per sé. Malthus formulava le sue previsioni catastrofiche poco prima dell’anno 1800 quando la popolazione mondiale era meno di un miliardo. I neomalthusiani oggi riformulano le stesse catastrofiche previsioni di due secoli fa, quando la popolazione mondiale è di 6 miliardi. Oggi c’è più cibo a disposizione per ogni singolo abitante della terra rispetto a due secoli fa.

Il più alto tasso di natalità in senso assoluto in cui mi sia capitato di imbattermi è un formidabile 5.5% negli Stati Uniti verso la fine del 18° secolo, subito dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Questo dato del 5.5% si riferisce solo alla natalità, non alla differenza fra natalità e mortalità come sarebbe più opportuno, e come è di uso comune nelle statistiche della popolazione. Durante tutto il 19° secolo negli Stati Uniti, al tempo della conquista del West, in quelle condizioni disagiate in cui vivevano i coloni, il tasso di crescita totale era del 3%. E tutto il secolo è un periodo di grande progresso per gli Stati Uniti. Dunque gli ultimi anni del secolo 18° Benjamin Franklin, inventore del parafulmine e uomo politico americano, si trova in Inghilterra in missione diplomatica: in conferenze pubbliche si dimostra fiero dei progressi del suo paese, e ci dà questa informazione particolare riguardante la fertilità delle donne del suo paese. Frankin è un ottimista: ha fiducia nella vita, nella vita della sua nazione. Thomas Malthus, fra gli uditori, è pessimista, e commenta le informazioni di Franklin in modo diverso.

Verso il 1830 la terra per la prima volta raggiunge il vertice di un miliardo di abitanti. Verso il 1930 la terra raggiunge i due miliardi. Oggi raggiunge i sei miliardi. Chiediamoci: dalla preistoria ai giorni nostri, c’è stato progresso? Noi notiamo delle accelerazioni e dei rallentamenti in questo processo di creazione, di invenzione di cose nuove che va sotto il nome di progresso. Dopo la caduta dell’Impero Romano noi notiamo un decadere della civiltà – notiamo anche una diminuzione della popolazione negli stessi territori – fino alla nuova fase, fino al nuovo balzo in avanti della civiltà occidentale dopo l’anno mille. Dopo la seconda guerra mondiale la popolazione si è ulteriormente accresciuta, specialmente in aree al di fuori dell’Europa. Notiamo noi Europei del progresso in queste aree al di fuori dell’Europa? C’è più cibo a disposizione di ogni singolo abitante della terra oggi che in epoche passate, sia in Occidente che in altri paesi in via di sviluppo. Il progresso tecnologico e scientifico è iniziato in epoche e in civiltà antiche; il progresso si è manifestato lentamente, in genere in momenti di crescita di una civiltà e di alta fertilità, con una accelerazione negli ultimi due secoli. Non notiamo noi una relazione tra la crescita numerica della popolazione, tra la fertilità – e il progresso inteso in termini tecnologici scientifici ed economici? Ed anche politici. India e Cina sono cresciute, proporzionalmente, più dell’America e di tutto l’Occidente, in termini di prestigio politico ed economico – in parallelo con la maggiore crescita demografica. Il Viet Nam ha saputo resistere brillantemente a Francia e Stati Uniti. Ebbene, durante il periodo dei bombardamenti americani il tasso di crescita della popolazione vietnamita era un formidabile 3%. Lo stesso per l’Afghanistan che ha saputo resistere a Russi e Americani.

L’osservazione di questa relazione Fertilità – Progresso può apparire semplice e banale, ma teniamola per buona lo stesso. La nostra ideologia alle volte ci acceca, non ci permette di vedere la realtà della storia degli uomini nei termini più semplici. Teniamo pure presente che progresso non è sinonimo di felicità.

Alcuni miei amici di cultura americana mi propongono il seguente parallelo: Se limitiamo un territorio fertile abbastanza ampio, diciamo alcuni kmq, e lo recintiamo con una rete metallica in modo che nessuno possa uscire o entrare, e vi collochiamo una specie animale vivace, diciamo topi da laboratorio, o anche altre specie biologiche. Questo potrebbe essere un parallelo con la terra, con il globo terrestre che in modo simile è altrettanto limitato. Dopo un certo periodo di tempo, quando i topi si sono moltiplicati fino ad occupare tutto il territorio, essi non si moltiplicano più, la popolazione rimane costante, o tende a diminuire e risalire senza superare una certa cifra. Anche con fenomeni di cannibalismo. Questo esperimento sembra sia stato fatto effettivamente: purtroppo non sono in grado di riportare esattamente dove e quando sia stato fatto.

Così dovrebbe succedere per la specie umana. Di nuovo, dobbiamo tenere conto della inventiva umana. Quando si tratta di uomini, c’è sempre un qualche cosa di più che li distingue rispetto alle altre specie biologiche, rispetto ai topi da laboratorio. Un qualche cosa che noi non possiamo capire fino in fondo. Tuttavia i problemi dell’uomo rimangono, compreso quello del suo numero e della sua esistenza su questa terra limitata. La fine del mondo sembra sia prevista da tutte le religioni umane e anche dalla scienza moderna. La fine di una particolare specie biologica è più che una semplice probabilità Sono già scomparse altre specie biologiche dalla faccia della terra. La specie homo sapiens potrebbe scomparire per cause naturali, diciamo così, come è successo per altre specie, oppure anche per una causa sua diretta: una guerra disastrosa, armi di distruzione di massa, oppure anche per la sua insensatezza nel distruggere l’ambiente naturale su cui è destinato a vivere. Sono problemi che rimangono. Solo che se parliamo di uomini, stiamo attenti, e teniamo presente quel qualche cosa in più per cui l’uomo si distingue.

Dopo questa esposizione riassuntiva, io avrei un elenco di situazioni in cui si è manifestato un alto tasso — oppure un basso tasso di natalità, con statistiche più precise. Il caso dell’Inghilterra in particolare, appare più lineare, più paradigmatico rispetto ad altri casi, anche all’ Italia. Nell’elenco di situazioni storiche in cui si è manifestato un tasso di natalità alto o basso ci sono molte situazioni che si riferiscono a civiltà antiche, ora scomparse. Gli scavi archeologici ci danno degli indizi interessanti. La civiltà della Valle dell’Indo scompare verso il 1600 AC in concomitanza con un calo naturale della popolazione. La civiltà minoica scompare quasi all’improvviso, preceduta da un calo della popolazione. Molti Tell nel Medio Oriente e molte città scomparse nella giungla dell’America centrale dimostrano un processo di crescita iniziale e poi crollano quasi improvvisamente. Le riviste Scientific American, Science, National Geographic, si interrogano sui motivi di questa scomparsa quasi improvvisa, e ricercano le cause nei cambiamenti climatici e nei disastri naturali. Il che è doveroso, e i cambiamenti climatici, come le pestilenze, possono avere una influenza diretta nel calo della popolazione. Ma gli autori non intendono ammettere l’esistenza di questo pattern che ricorre in molte situazioni storiche, un pattern che è direttamente collegato al progresso. E se io insisto sul fatto che in Occidente siamo sull’orlo del collasso di fronte agli asiatici a causa di questo basso tasso di natalità, esattamente come è già capitato per altre civiltà che sono scomparse quasi all’improvviso, mi sento guardato con sospetto. E se io affermo che coloro che promuovono programmi di pianificazione famigliare stanno accelerando questo processo naturale e agiscono contro gli interessi della propria gente, mi sento guardato con odio e disprezzo.

Le poche migliaia di aborigeni della Tasmania avevano delle conoscenze tecnologiche ancora inferiori rispetto agli aborigeni del continente australiano. Erano presenti nell’isola da almeno 10.000 anni, da quando il livello dei mari era salito dopo l’ultima glaciazione e li aveva isolati dal resto del continente australiano. Tuttavia dei ritrovamenti archeologici hanno dimostrato che diecimila anni fa la loro tecnologia era di livello più elevato, nella pietra scheggiata e negli attrezzi per le esigenze della vita quotidiana. Gli aborigeni dell’Australia a loro volta avevano già perduto delle conoscenze tecnologiche da quando, quaranta o cinquanta mila anni fa, avevano attraversato il mare provenendo dalle isole del sud est asiatico. In questo lungo periodo di tempo gli aborigeni si erano diffusi su tutto il continente ma non si erano moltiplicati di numero in maniera così consistente come avevano fatto le altre civiltà nel continente euro-asiatico. E avevano perduto conoscenze tecnologiche come quelle nella navigazione. Altre comunità primitive, di consistenza numerica limitata ad alcune migliaia o addirittura ad alcune centinaia, con conoscenze tecnologiche limitate, sono rimaste chiuse in posti isolati nelle isole del sud est asiatico, fra i tribali dell’ India, fra i più primitivi e isolati in Africa, nelle foreste dell’America meridionale. Per contro altre popolazioni si sono diffuse su tutta la terra, l’hanno conquistata e hanno creato grandi civiltà creando scienza e tecnologia: Semiti, Indoeuropei, Mongoli, popolazioni native delle Americhe provenienti dall’Asia settentrionale: tutte popolazioni che si erano diffuse anche numericamente.

Dovrei attirare l’attenzione pure sulla relazione fra il tasso di natalità e il rafforzarsi o affievolirsi del senso morale e religioso – questo in un contesto più ampio, nel contesto del concetto: Gli uomini creano le Religioni. Poi anche: Fertilità è potere politico. Sono fenomeni che si ripetono nella storia, — fenomeni che si intersecano, come se fossero leggi di fisica. Come la mela di Newton che cade dall’albero, e la gravitazione universale. Il mio non vuole essere una soluzione del problema della popolazione numerosa in un mondo limitato e sovrappopolato, e nemmeno una giustificazione. Vuole semplicemente essere un contributo, contro corrente, alla comprensione del problema, e forse anche a complicare la comprensione di questo problema umano. Inviterei a leggere tutto l’opuscolo in questione, Fertility che è stato pubblicato dal Rajiv Gandhi Institute for Contemporary Studies, Delhi, India, February 2003, e Fertilità e Progresso, Campanotto editore, Udine, 2007.

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