di Giuseppe Longo

Ma allora, arrivati a questo punto, non sarebbe meglio gettare la spugna e finirla qui per non scivolare nel ridicolo?
Sono stato facile profeta una decina di giorni fa, quando avevo previsto che questo singolare avvio di legislatura – e poi si parla di Terza Repubblica… – ci avrebbe regalato altre brutte sorprese.
Infatti, ieri pomeriggio, mentre qualcuno stava a guardare mangiando pop corn, è andata in scena quella più clamorosa, direi di più: una vera e propria figuraccia, tanto che i quotidiani, specie di destra, stamattina non hanno risparmiato critiche velenose e pesanti ironie.
Perché al Quirinale Luigi Di Maio e Matteo Salvini, pur avendo ottenuto dal pazientissimo presidente Mattarella una proroga per consentire il vertice del Pirellone, a Milano, sono saliti praticamente a mani vuote.
Sì, qualche passo avanti sul programma da inserire nel fantomatico contratto c’è stato, ma sulla persona del premier buio completo.
Come dire che in questo gioco dell’oca su campo giallo-verde siamo tornati per l’ennesima volta alla casella di partenza, o quasi.
Per farla breve, Luigi e Matteo hanno chiesto ancora un po’ di comprensione all’Uomo del Colle per le ultime limature.
Ma soprattutto perché dal pantano che riguarda appunto il capo del futuro esecutivo non se ne viene fuori. Infatti, appurato che a Palazzo Chigi non possono andare né Di Maio – che tanto ci terrebbe – né Salvini, per la vecchia, ma sempre valida, questione dei due galli nel pollaio che non vanno d’accordo, in quanto l’uno sarebbe subalterno all’altro, e viceversa, si cerca una terza figura, ma i nomi usciti finora, pure rispettabilissimi, non hanno nulla a che fare con un ruolo così importante e rappresentativo come quello del presidente del Consiglio.
Questo ruolo deve essere affidato a un politico, con legittimazione popolare perché uscito dalle elezioni, altrimenti con che autorevolezza si presenta in Europa e sulla scena internazionale, a trattare con Trump o Putin?
Ma questo vale anche per le questioni interne, che non sono poche.
Se Di Maio e Salvini propongono un tecnico allora basta quello che sicuramente ha già in mente Sergio Mattarella nel caso che questo difficile tentativo di accordo tra Cinque stelle e Lega naufraghi sugli scogli dell’evidenza che i due non sono fatti per governare insieme.
Non dimentichiamo poi che un eventuale accordo sarebbe posto al voto della base dei due partiti attraverso la rete e i gazebo, cosa rischiosissima e inopportuna perché il governo riguarda tutti e non solo il popolo pentastellato e leghista, e le due forze, proprio in virtù del voto del 4 marzo, hanno delega piena a trovare una soluzione.
Per cui non c’è alcun bisogno di altri ok.
Se, dunque, non si viene fuori in modo dignitoso da questa impasse, è sicuramente meglio chiudere qui, lasciare che il Colle vari il governo del “panettone” – perché appunto arriverebbe fino alle feste di Natale – e prepararsi a nuove elezioni.
Rivedendo però il tanto contestato Rosatellum.
Dopo tutto il Parlamento è in carica ed è operativo – o sbaglio? – per cui potrebbe mettere mano almeno alla legge elettorale, altrimenti votare con queste regole è inutile, anzi dannoso e non poco.
E poi tornare alle urne alla prima occasione possibile.
Anche se per i tanti “peones” (circa il 70 per cento) la cosa sarebbe dura da digerire.
Quello del voto anticipato è l’obiettivo di Silvio Berlusconi, ora che è ricandidabile, qualora l’iniziativa di cercare una maggioranza non venisse affidata al Centrodestra – prima coalizione uscita dalle urne – come chiedono i suoi leader.
E, a questo punto, tornare a votare potrebbe interessare anche al Partito democratico che a fine settimana sceglierà il suo nuovo leader.
Quello che dovrà sostituire Matteo Renzi ritiratosi a causa della batosta.
E Maurizio Martina, attuale reggente e che aspira a quel ruolo, sprona già a lavorare per cercare un’alternativa a Lega-M5S.

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