di Giuseppe Longo
Alla fine il lungo assedio al Colle è fallito.
Cinque stelle e Lega hanno dovuto rinunciare al loro tentativo di insediare Giuseppe Conte a Palazzo Chigi e al Quirinale è salito per ricevere un mandato Carlo Cottarelli, lo specialista della spending review, e ne è ridisceso con il ruolo di premier incaricato, pur con riserva.
Pare di capire che il capo dello Stato, irremovibile sul rifiuto alla nomina di Paolo Savona a ministro dell’economia per la sua posizione molto critica su Unione Europea e “moneta unica”, avesse già pronto il nome alternativo.
Un po’ come facciamo tutti noi tenendo in casa una pilloletta in caso di bisogno: non si sa mai…
E così è andata a finire come si ipotizzava.
L’avevo già scritto ieri che forse avrebbe fatto comodo a qualcuno pensare alle elezioni anticipate nonostante i peones del Parlamento le temano come la peste.
Perché la rielezione non è affatto scontata.
Il governo del cambiamento, dunque, può attendere. Ma non tanto.
Perché il problema di avere un esecutivo cosiddetto populista e sovranista, targato Cinque stelle – Lega, che sappia tenere testa agli euroburocrati di Bruxelles, è soltanto rinviato.
Cottarelli ha già messo le mani avanti dicendo che in mancanza della fiducia – e questo pare assodato viste le prime dichiarazioni di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, cui si è subito associato Silvio Berlusconi – si tornerà alle urne appena i fuochi agostani si saranno spenti.
E il voto di pancia, come è chiamato dai benpensanti quello della gente comune, tornerà a farla da padrone, tanto che pentastellati e leghisti faranno nuovamente il pieno, e anche di più pur con lo stesso Rosatellum, perché nei mesi estivi, tra caldo che fa boccheggiare e ferie con il consueto stop delle Camere, è praticamente impossibile predisporre una nuova legge elettorale.
Massimo D’Alema forse ha esagerato dicendo che i due – cioè Di Maio e Salvini – si prenderebbero l’80 per cento se si tornasse a votare, ma certamente non è lontano dalla realtà, guidato dal fiuto politico che tutti gli riconoscono.
Ci attendono dunque settimane difficili e martellanti, perché tornerà a salire di tono una campagna elettorale che non si era mai esaurita.
E con motivazioni diverse e forse anche più incisive e premianti rispetto alla fine dell’inverno in vista del 4 marzo, a parte le discutibili ipotesi di impeachment a carico del presidente Mattarella. E intanto torna salire anche lo spread e per le nostre tasche non è per nulla una notizia rassicurante.
Ma tant’è.
<N.d.R. concordo con il nostro opinionista ma più che di “pillolette” io credo si tratti di “supposte tedesche” >